Acquacheta: le cascate, il letto di Dante e la Piana dei Romiti

Probabilmente una delle località più inflazionate del Parco delle Foreste Casentinesi (mi è capitato più di una volta di passare da San Benedetto in Alpe durante delle domeniche estive, c’era talmente tanta gente parcheggiata che i carabinieri impedivano di svoltare in direzione del paese) ma lo è per un motivo: le famose cascate sono raggiungibili con una semplice escursione di circa 2 ore e sono uno spettacolo per gli occhi, oltre ad essere vicinissime ad una bella pozza dove fare un bagno rinfrescante.

Le Cascate dell’Acquacheta

Il punto esatto dove nascono le cascate viene chiamato anche Letto di Dante: sembra infatti praticamente confermato che il Sommo Poeta abbia soggiornato nel paese, probabilmente dopo la sua condanna per esilio del Marzo 13021 .

Il memoriale presso il Letto di Dante

La cascata inizia la sua caduta presso la Piana dei Romiti: il nome viene dall’antico Eremo dei Romiti (di cui sopravvive qualche rovina); con buona probabilità era collegato all’Abbazzia di San Benedetto, dato che ogni abbazzia camaldolese era solita avere un eremo dove alcuni monaci decidevano di ritirarsi. In tempi antichi veniva anche chiamato “Eremo dei Romagnoli”, per distinguerlo dall’Eremo dei Toschi che, di proprietà privata, sopravvive ancora oggi in una piccola chiesa poco distante da qui in linea d’aria in territorio Toscano2.

Alcune rovine delle case presso l’antico Eremo

Parentesi storicha a parte la tutta la zona pullula sia di sentieri manutenuti dal CAI che di percorsi a lunga percorrenza di più ampio respiro: il Cammino di Dante, l’Alta Via dei Parchi e il Sentiero delle Foreste Sacre

L’imbarazzo della scelta. Partendo dai Romiti (al centro dell’immagine) si dipanano una miriade di sentieri

Partendo dalla piana si possono raggiungere una miriade di destinazioni: tornare a San Benedetto in Alpe passando dal Monte del Prato Andreaccio, salire verso il Monte Lavane passando attraverso le panoramiche Balze di Cornacchiaia; se si ha più tempo ci si può dirigere anche verso il Passo del Muraglione o quello della Peschiera. E questo solo per trattare i percorsi segnati e manutenuti: oltre a San Benedetto in Alpe c’erano altri poderi e località abitate fino agli anni 60; alcune sono ormai dei ruderi come Ca’ Moncini e Scarpigna. Altre devo ancora esplorarle e mapparne le vie di accesso, come la Macchia e Ca’ Pian della Posta. Alcune invece sono tornate ad essere abitate, come il precedentemente citato Eremo dei Toschi e Trafossi.

Vista da Ca’ Moncini verso il crinale di Monte Prato Andreaccio

Tornando a San Benedetto in Alpe, come si può intuire il nome del paese è un agiotoponimo, cioè un toponimo derivante dal nome di un santo. In questo caso ci si riferisce a San Benedetto da Norcia, fondatore dell’ordine dei benedettini, che in questa località fondarono l’abbazzia prima citata (oggi ancora visitabile) attorno all’anno 1000. Precedentemente il nome dell’abitato era Biforco, toponimo comune di località che nascevano all’incrocio di più fiumi e/o torrenti: qui infatti il Troncalosso, il Rio Destro e l’Acquacheta si uniscono a formare il Fiume Montone.

San Benedetto in Alpe, come si può capire, è quindi una località perfetta per passare un week-end lontani dal caos e la frenesia della città e fare una bella escursione in mezzo ai monti. Anzi, a dire il vero, ci sarebbe modo probabilmente di camminare per settimane, quindi un week-end potrebbe anche essere poco. Considerate che fin qui abbiamo parlato solo del versante a ovest del paese. Tutta la parte est, quella che punta verso Monte Gemelli per capirci, è altrettanto fitta di sentieri che è possibile percorrere.

Consiglio caldamente l’Hotel Acquacheta sia per il pernottamento che per mangiare, ma ci sono diverse altre possibilità in paese.

L’immagine in evidenza è stata scattata da Isacco Emiliani

Alcuni spunti di escursione:

  1. https://www.alpeappennina.it/wp-content/uploads/2021/02/n3-rivista-93-99.pdf ↩︎
  2. Scritti Critici (di Sac. Pompeo Nadiani, pp. 51-54) ↩︎

Mantigno e il significato dell’esplorazione

Premetto che sfortunatamente la macchina fotografica mi ha abbandonato lungo il percorso (problemi di batteria e basta sembra). Ci sono quindi meno foto e meno belle, in quanto ho provato a sopperire senza successo col mio cellulare.

Questo giro nasce dal voler terminare la mappatura dell’anello 50 della Palazzuolo Outdoor su OpenStreetMap (mancava una parte del tracciato). Si prospettava quindi un giretto abbastanza rapido, 4.5km compresa un tratto asfaltato in piana in paese. Si parte in salita da Via Belgrado a Palazzuolo sul Senio, in mezzo ad alcune case abitate, per salire poi velocemente in mezzo a una pinetina e guadagnare un po’ di quota.

Dopo aver percorso un tratto di stradello si entra di nuovo su un sentiero fino ad aggirare un campo di pannelli solari. Arrivato poi a un capanno da caccia bisogna stare attenti a non sbagliare (ci sono le indicazioni ma ci si può confondere comunque) e scendere a sinistra, per un tratto meno pulito dalle sterpaglie. Si emerge poi al podere Poggio Cherubino e da qui lo stradello sterrato porta in costante discesa fino alla strada asfaltata.

Arrivato sulla strada asfalta però ho ancora voglia di camminare e non mi trovo troppo lontano da Mantigno, località di cui avevo già incrociato il nome su un cartello stradale anni prima ma che non avevo mai visitato. Si tratta di fare qualche chilometro in leggera salita su asfalto, quindi procedo a passo spedito. Mentre salgo il paesaggio è semplicemente incredibile, costellato da qualche casa ancora abitata qua e la.

Arrivato in cima alla strada asfaltata incontro finalmente l’abitato di Mantigno, quattro case in croce e una chiesa (penso sia ancora consacrata ma sfortunatamente è chiusa). In una delle case abita ancora qualcuno, in quanto ci sono gli animali nell’aia; un ragazzo che sta tagliando della legna mi saluta. Non si sente nessun altro rumore qui, e non siamo così dispersi nel nulla: Palazzuolo in fondo è a 5-10 minuti di auto.

Mantigno

Quando arrivo in questo genere di località, ancora abitate, mi sorgono sempre domande simili: una persona nata e cresciuta qui, magari agli inizi del ‘900, fin dove riusciva a spingersi nella vita come distanze? Qual era il posto più lontano che sarebbe mai riuscita a vedere? Probabilmente arrivare in un posto come Bologna o Firenze sarebbe già stato un viaggio da fare forse una volta nella vita. Ma sicuramente avrebbe conosciuto i boschi e i pascoli nei dintorni come le sue tasche.

Oggi cosa significa per noi esplorare? Quanto abbiamo allontanato da noi i confini per definire un posto esotico o comunque che valga la pena di essere conosciuto e approfondito? Magari raggiungiamo più spesso posti a centinaia o migliaia di chilometri da noi e poi non abbiamo mai notato che abbiamo un sentiero seminascosto a 500 metri da casa.

La prossima volta che dobbiamo organizzare un’escursione con amici, invece di riproporre la solita meta trita e ritrita potremmo impegnarci a far conoscere posti nuovi, angoli di Appennino meno conosciuti o frazioni semi abbandonate. Spesso si tratta di posti con storie antiche (a Mantigno la chiesa è documentata dal 1386, e prima ne esisteva un’altra vicino al torrente) ma che rischiano di sparire nel dimenticatoio se nessuno si impegna a rispolverarle. Penso non esista turismo sostenibile migliore di questo.

Alcune foto (non mie) dell’interno della chiesa di Mantigno -> https://cultura.ilfilo.net/la-chiesa-di-mantigno-a-palazzuolo-sul-senio/
Tracciato dell’escursione -> https://www.openstreetmap.org/user/gabriele_sani/traces/11459600

San Paolo in Alpe, il cuore delle Foreste Casentinesi

Se c’è un posto che mi viene in mente quando penso a un’escursione tranquilla da fare nel bosco con buona possibilità di vedere animali, quello è senza dubbio San Paolo in Alpe.

Il numero di escursioni che abbiamo fatto in zona penso valga più di mille parole

Facile da raggiungere, numerosi sentieri, un bivacco sempre aperto per emergenze e una spianata semplicemente stupenda dove fare un picnic e vedere (quasi certamente) i daini al pascolo.

Dell’antico borgo rimane il blocco principale che vedete nella foto sopra (oggi in fase di ristrutturazione) adibito a rifugio/bivacco e il rudere della vecchia chiesa di Sant’Agostino poco distante. Da anni anche quest’ultima presenta un’impalcatura che evidenzia dei lavori in corso per evitare che crolli completamente.

Poco lontano da quest’ultima si trova anche il vecchio cimitero, in buone condizioni. Guardando la cartina la prima volta che siamo stati qui una delle cose che mi ha colpito subito era la presenza di un’altra chiesa dedicata a Sant’Agostino poco lontano (almeno in linea d’aria). In successive escursioni e ricerche abbiamo scoperto che la chiesa venne probabilmente data alle fiamme nel 1944 durante il secondo conflitto mondiale1. Invece di ricostruirla in loco, nel 1960 si decise di ricostruirla a valle: ad oggi è utilizzata anche per campi estivi parrocchiali o scout.

Ma il nome della frazione non è San Paolo in Alpe? Cosa c’entra S. Agostino? In vecchi documenti la parrocchia era chiamata Santi Agostino e Paolo in Alpe, ma del secondo edificio purtroppo non è rimasta traccia alcuna (si trattava probabilmente di un oratorio)

La posizione dell’abitato è molto interessante, in quanto si trova appunto su una sorta di altipiano molto spazioso dove ancora si pratica l’allevamento (insieme ai daini non è raro trovare vacche brucare a pochi metri).

Siamo rimasti talmente affascinati dal posto che ai tempi, per la prima volta, ci recammo successivamente all’archivio di stato di Forlì per recuperare un po’ di documenti e leggere qualche testimonianza riguardante questo luogo.

Una molto simpatica per esempio riguardava l’insegnante dislocato in questo angolo di Appennino negli anni ’30, che più volte a inizio anno si trovava la classe vuota in quanto tutti i bambini e ragazzi erano occupati nella raccolta delle castagne.

Essendo una spianata la zona si prestava bene, durante la Seconda Guerra Mondiale, a operazione di lancio rifornimenti

Come accennato prima esiste anche un bivacco, a pagamento e da prenotare, gestito dall’associazione Tour de Bosc. Una parte di questo è invece sempre aperta ed utilizzabile da chiunque si trovi in zona.

Idee per alcune escursioni in loco:
https://www.openstreetmap.org/user/gabriele_sani/traces/3820937
https://www.openstreetmap.org/user/gabriele_sani/traces/3463852
https://www.openstreetmap.org/user/gabriele_sani/traces/3472340
https://www.openstreetmap.org/user/gabriele_sani/traces/3541218
https://www.openstreetmap.org/user/gabriele_sani/traces/3336076

  1. https://www.trappisa.it/san-paolo-in-alpe/ ↩︎